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evangelici & razzisti. PROSEGUONO LE DISCRIMINAZIONI RAZZISTE IN DIOCESI: CHI-DOVEVA-FARE-COSA? (parte settima)

"Il buon senso c'era, ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune". (A. Manzoni)


A sx. il momento della benedizione officiata da una dozzina di parroci, tra i quali padre Giustino, il respinto. a Dx Don Firindelli il festeggiato.


PISTOIA-MONTALE. Don Giustino è un prete semplice che, in qualunque occasione, richiama il Vangelo nelle sue argomentazioni, rischiando di essere – a volte – un poco fuori tema argomentativo. Lui è sempre dentro al Vangelo, ma sicuramente fuori dal coro della comunità presbiterale diocesana: ed è per questo che ci piace, lo siamo anche noi! Siamo entrambi perseguitati dalla generale dabbenaggine nella quale siamo immersi a Pistoja.


Giustino è anche stato Rettore di seminario nel suo paese, professore universitario e studioso parla 4 o 5 lingue, ma ha avuto l'incidente di essersi ritrovato a Sarcofago city per un imprevisto (quanto maldestro) caso. Oggi vive nella discriminazione costante (come noi giornalisti di Linea Libera), viene ingiustamente trattato come minus habens della Diocesi che lo ha e lo tiene, di fatto, relegato in panchina.

 

Lo scorso Venerdì 28, è andato però anche lui alla celebrazione per festeggiare il 40mo dell’ordinamento di Don Paolo Firindelli insieme a una dozzina di presbiteri. Lui si è seduto tra i fedeli, perché non era stato, come loro, specificatamente invitato. Ricordiamo che a Pistoja, i preti diocesani, sono distinti in tre categorie: gli italiani, gli europei e gli extracomunitari, tra i quali insistono molti ne(g)ri, purtroppo assai colpiti dalla discriminazione. È stato sicuramente lo Spirito Santo, che gli ha permesso di raggiungere le prime panche della Chiesa di San Giovanni Evangelista a Montale, permettendogli di essere riconosciuto dal sacrestano che lo ha subito – spontaneamente – invitato alla concelebrazione del 40mo del Parroco: un atto (anche) riparatorio davvero provvidenziale: non v’è dubbio.


Don Giustino è stato salutato come "già Cappellano",ma per noi - che amiamo leggere le carte e le formalità - lo è ancora. C'ha ancora la pisside, calice, breviari e talare nella sua cameretta dalla quale fu espulso la Domenica del 4 Ottobre 2011.


Don Firindelli, sorpreso, lo ha accolto, anche salutandolo: ha poi fatto una bella omelia (e ha ricevuto i complimenti anche di chi scrive), ricordando che "... i parroci non devono sedurre, e quando seducono, è un vero guaio" richiamando un argomento davvero avvincente, che distingue la pastorale di uno dei concelebranti: se ne sarà accorto lui? Chissà-chi-lo-sa? Nell'omelia è stato fatto un determinante richiamo alla “paternità” – quale fondamentale requisito per l’accoglienza indiscriminata – che, evidentemente, non era stata considerata dal Parroco nell’occasione dell’abiura riservata al Nostro nel Gennaio 2012. Lui, Don Giustino, era stato applicato con Decreto vescovile di Mansueto (poi salito al cielo, ma il Decreto è ancora lì, negli archivi) ed è durato un paio di mesi soltanto: comunque è stato ricordato nei ringraziamenti ai presbiteri presenti, quale “già Cappellano nella parrocchia”.

Chiediamo dunque: se non ha mai avuto rimozione dell'incarico con una celebrazione di congedo (ancora e tutt’oggi), perché “già Cappellano”?

Per noi, è ancora formalmente in forza: carta canta! Inoltre, la pisside, il calice, il breviario e la sua talare – regalatagli dai fedeli – ci risultano ancora giacenti, nella cameretta nella quale venne espulso alle 22 della medesima Domenica di solenne insediamento il 4 Ottobre 2011, senza una plausibile motivazione. Insomma un bel pasticciaccio alla C.E. Gadda, caro Firindelli: almeno restituiscigli i regali della comunità abbandonata (suo malgrado).


La celebrazione di venerdì è stata molto partecipata dai fedeli e la presenza scomoda del Giustino – quale prete discriminato, rejetto ed escluso, da sempre e da tutti – è stata un poco imbarazzante per chi “sapeva e ricordava” l’abiura, con esclusione indiretta, azionata  con atti di inerzia, nel successivo Gennaio.

Il Vescovo Bianchi che – a pensar male si sbaglia, ma qualche volta ci s'azzecca –, in quei giorni del Gennaio 2012 (periodo dell’espulsione coatta, più umiliante) era in missione in Senegal e non poté intervenire, trovandosi al suo rientro a Pistoja, la frittata già fatta e servita. Anche il Vescovo Fausto ebbe poi a riconfermare l’incarico in Diocesi a Pistoia con apposito decreto., ma con esiti niente affatto utili al ripristino della dignità del presbitero congolese, che non recita una Messa Domenicale dal 13 Settembre 2023.


Tardelli, ci permetta il Vescovo, ci sembra trovarsi schiacciato e limitato – nel funzionamento del suo superiore ministero – da un potente “cerchio magico” che lo costringe spesso a ringambare sulle sue decisioni, anche redatte con dei chiari decreti vescovili. Un “cerchio” che ha nominato lui stesso con o senza l’assistenza dello Spirito Santo. Tant’è che Giustino resta un prete coloured e in panchina, come l’esordiente calciatore nazionale Bongiorno – usando una metafora calcistica per farsi capire da tutti – che però è un giocatore di calcio e white.


Tre diversamente discriminanti: Don Paolo Tofani Presidente (in alternanza perpetua con Don Enzo Benesperi) del Vicariato foraneo di competenza, nel 2012, non sapeva del pasticciaccio di Montale. Don Manone (al centro) dette la stura all'inchiesta con la vicenda di Padre Deo Gratias. Infine il Vescovo Tardelli, non prese i provvedimenti conseguenti a una degna riallocazione del Nostro.


Don Giustino, prega. Prega per chi scrive e porta alla luce il misfatto, ma anche per chi lo ha pubblicamente umiliato: lo scorso Natale, venne respinto anche nella Parrocchia di San Pantaleo (con motivazioni pretestuose) e, in questi giorni, è stato chiamato da Paolo Don Palazzi a sostituirlo alla sua messa prefestiva del Sabato 29, che coincide con la solenne chiusura del Sinodo. Anche il Parroco di Chiazzano Don Cristoforo Mielnik, l’ha chiamato (però tempestivamente) ed è stato infatti sostituito alla Messa prefestiva di San Pietro e Paolo, dal molto perdonante prete di terza fascia che, non conosce la parola “rancore” o il comune “sentimento di vendetta” che accompagna chiunque si trovi schiacciato da vessazioni, persecuzioni e ingiustizie. Lui, prega e insiste: sono 13 anni che lo fa, in compagnia delle ignare Suore.

Prega incessantemente, il Nostro, cercando di toccare il cuore dei colleghi presbiteri privilegiati con alte e apprezzate funzioni parrocchiali, che lo usano come tappabuchi, cioè uno “meno uguale di loro”: una situazione statica e invariata, visto che, dopo i nostri ben sette articoli di denuncia sull'ipotesi della discriminazione in Diocesi (il primo è del Dicembre scorso, con protagonista  Don Manone) nulla è cambiato e anche la Parrocchia di Spazzavento sembra che non abbia visto un soldo, con una crescita del credito verso la Maic!

Per un ripasso sulla incresciosa vicenda della (non unica) Diocesi discriminante e razzista di Pistoia, abbiamo preparato un riepilogo con i vari link da consultare.


Benvenuti a Sarcofago city.

(prosegue)


ANTOLOGIA DELLA DISCRIMINAZIONE IN DIOCESI


AR                                                            [alessandroromiti@linealibera.info]

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